Dove trovare Culsans a Torino, una città duale.


Il mese di Gennaio era il mese dedicato al dio romano Giano. Gli etruschi avevano un dio simile a Giano nell’aspetto e forse anche nella simbologia, il dio Culsans.
Entrambe le divinità prendono il nome dalla porta, detta culs in etrusco e ianua in latino, e rappresentate con un doppio volto, come doppi sono i lati di una porta.
Culsans è bifronte e guarda contemporaneamente verso l’interno e l’esterno e, per estensione, verso il passato e il futuro. Quasi certamente tutelava sia i passaggi o gli ingressi, sia i cicli del tempo, come le stagioni dell’anno e i periodi della vita. L’aspetto del dio è noto da pochi reperti, tutti ritrovati presso porte civiche, considerate luoghi vulnerabili da proteggere.
La rappresentazione piu' antica dovrebbe essere quella di un dio dall'aspetto di un giovane sbarbato ed essere etrusca, mentre quella barbata è ispirata direttamente al Giano romano.
Per quanto riguarda il culto, non ci sono elementi per ricostruire rituali o identificare santuari del dio, ma i dati archeologici rivelano l’esistenza di sacrifici simili a quelli destinati alle divinità infere.
Il nome di Culsans è stato riconosciuto sul lobo sinistro del Fegato di Piacenza (Cul Alp), su un altare da Bagnoregio (Culsans) e su una lamina in metallo da Cortona (Cvl). Sul Fegato il dio è definito “Alpan”, ovvero “buono/puro”: un aggettivo utilizzato in genere per divinità oscure e poco benevole, che era consigliabile rabbonire; l’altare ha al centro un foro per versare le offerte nel terreno, come era prescritto in caso di divinità infere; la lamina è un frammento di defixio, ovvero una formula magica per consacrare agli dei un avversario.
Nella mitologia etrusca, abbiamo anche un altra divinità rappresentata bifronte: Culsu.
Una furia alata e bifronte, che vigila esclusivamente sulla porta di ingresso dell'oltretomba, assolvendo quindi lo stesso compito di Caronte. I suoi attributi principali erano una torcia e un oggetto che viene spesso identificato con un paio di forbici, che mi ricorda il mito delle Parche. Il nome di Culsu si ritrova solo su due iscrizioni, una delle quali attesta l'esistenza di un culto specifico dedicato alla divinità. Il nome Culsu è etimologicamente correlato a quello di Culsans, ma in questo caso si tratta di una divinità maschile.

Vivo a Torino, città ricca di fascino e mistero, dove il gioco degli opposti è diventato una sua peculiarità.
Insediamento nato all'interno della sacra confluenza di due fiumi: il Po e la Dora (https://unetruskafralealpi.blogspot.com/2023/02/carissimi-dora-e-po.html). Una porta strategica da presidiare per i valichi alpini. Oggi due fontane addossate alle spalle di due Chiese gemelle (San Carlo e Santa Cristina) ben li rappresentano come il simbolo del flusso di energia mistica che attraversa la città, come il Sole e la Luna, la parte maschile e quella femminile.
Due leggende ne narrano la nascita non casuale da forze negative e positive. In una dopo che un toro sconfisse coraggiosamente un drago feroce che viveva nelle foreste vicine; nell'altra il principe Egiziano Eridano, avrebbe lasciato la sua terra natia in cerca di gloria e sbarcando quindi prima in Liguria e poi continuando verso nord il suo viaggio in attesa di un segno divino. Quando incontrò un toro che si stava abbeverando lungo le sponde del Po e decise di fermarsi riconoscendo in questa apparizione il benestare del dio Api, fondando una colonia a cui diede il nome e le insegne dello stesso Dio.

In epoca romana l'accesso alla città avveniva tramite le quattro porte che si aprivano opposte lungo le mura in corrispondenza del cardo maximus e del decumanus maximus: Porta Palatina, Porta Decumana, Porta Marmorea e Porta Pretoria. 
La porta Decumana nel tempo venne riutilizzata per la costruzione di una casaforte prima e poi trasformata in castello, l'odierno Palazzo Madama. Accanto, il Palazzo Reale è protetto da una cancellata ornata da due magnifici Dioscuri, i mitici gemelli figli di Zeus nati da un uovo, che ne sorvegliano il passaggio. Per i cultori delle discipline esoteriche quest'area rappresenterebbe una zona di confine tra l'energia positiva e quella negativa, tra la luce e le tenebre. 

Poco distante si trova uno dei simboli esoterici più conosciuti di Torino la Fontana Angelica di Piazza Solferino, dove due statue femminili rappresentano allegoricamente la Primavera e l’Estate e due figure maschili, l’Autunno e l’Inverno, che come guardiani sorvegliano la soglia. L’Inverno volge lo sguardo verso Est, dove sorge il sole, simbolo di energia positiva. 
La Gran Madre, affacciata sul Po, ai piedi della collina torinese è considerata come un forte punto di magia bianca. Qui due statue all’entrata, che rappresentano la Fede e la Religione, mostrerebbero il luogo dove è sepolto il Sacro Graal. La statua della Fede ha lo sguardo rivolto proprio verso il simbolo della città di Torino per eccellenza, la Mole Antonelliana. La Mole è un altro dei simboli esoterici, enorme catalizzatore di energia positiva che tende al cielo e che irradia l’energia positiva presa dal sottosuolo sulla città di Torino, mentre la guglia puntando verso il cielo si dice colleghi la città ai regni spirituali. Una porta insomma tra cielo e terra.

In questa città convivono così, dalla notte dei tempi, due anime sempre in bilico tra bianco e nero, tra forze positive e negative, che si riflettono nella sua architettura, nei suoi simboli e nelle sue leggende: capitale regia e tradizionalista e capitale tecnologica e industriale; città di Santi e di importanti reliquie, come la Sindone, a città magica e di culti esoterici, una delle punte di entrambi i triangoli di magia nera, con Londra e San Francisco e magia bianca, con Praga e Lione. 

Mentre cammino per questi luoghi a me cari, come un'Etruska fra le Alpi, non posso fare a meno di pensare a quel legame con i miei progenitori. Attraverso le acque del Po hanno viaggiato non solo persone e merci, ma idee e sentimenti e  tutto, a ben guardare, sembra parlare ancora di loro. 
Idealmente anche il 45° parallelo che attraversa la città unisce le terre etrusche a quelle celtiche in un flusso ancora vivo di energie.


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