Reperti etruschi al museo valdese di Torre Pellice



Viaggiavo alla scoperta delle valli valdesi in cerca di ispirazione per un articolo che stavo preparando per un giornale locale di Valgioie. 
Le valli dove è particolarmente presente la Chiesa evangelica valdese sono tre: la Val Pellice, la Val Chisone e la Valle Germanasca, tutte situate nella città metropolitana di Torino
Il percorso che seguivo era quello del sistema museale valdese. Nella prima tappa, a Prali, avevo preso una divertente cartolina da completare con un adesivo da inserire per ogni museo visitato. Un pellegrinaggio che invita a scoprire le storie e la cultura, al termine del quale l'insieme degli adesivi completerà l'immagine del territorio valdese piemontese.
Il centro culturale e storico più importante è quello di Torre Pellice. Qui le sale del museo sono interattive e coinvolgono il visitatore attraverso otto secoli di storia: dalla conversione di Valdo nel 1174 , ricco cittadino di Lione che si spoglio' dei propri beni per predicare l'Evangelo, anticipando di qualche anno la conversione alla povertà di San Francesco d'Assisi del 1207, fino all'intesa tra Stato Italiano e Chiesa Evangelica Valdese del 1984.
Una volta terminato ho scelto di salire le scale per raggiungere la graziosa Torretta, dove è collocata la collezione dei reperti del territorio, dal cui balcone è possibile affacciarsi per guardare il bel panorama. 



Ritornata al piano inferiore mi sono diretta verso quello che è segnalato come deposito visitabile. 
Tutto mi aspettavo tranne di trovare quello che ho visto. 
Con mio grande stupore mi sono ritrovata davanti ad una vetrinetta, senza didascalie, contenente vasi, bronzetti. Ma tra tutti questi reperti mi colpì la visione di una patera ombelicata che mi parve etrusca!
Mi sono domandata cosa ci facessero reperti etruschi in un museo valdese, se poi fossero realmente etruschi.
Senza cartellini il dubbio era legittimo. 
Informandomi meglio vengo a sapere che all'interno di questo "deposito" visitabile risulta collocata una intera collezione archeologica donata dal Marchese Edoardo Ippolito nel 1995.
La Collezione si compone di oltre duecento reperti archeologici, per la maggior parte provenienti dall’area mediterranea, in parte minore dagli altri continenti. In numerosi casi si tratta di copie in stile, ma non mancano interessanti reperti originali. Il nucleo di maggiore consistenza è formato da ceramiche greche e magno-greche a figure rosse e a figure nere (in gran parte databili fra VII e III secolo a.C.). 
A queste si affianca un’interessante serie di ceramiche di produzione italica e romana, alcune lucerne etrusche, un gruppo di bronzi e oreficerie di provenienza greca, italica e romana, numerosi esemplari di statuaria greca, magno-greca e romana e una consistente raccolta di statuette e scarabei dell’antico Egitto, accanto ad altri reperti del Vicino Oriente antico.
La collezione è stata catalogata nel 2009 da un'equipe, coordinata dal professor Alessandro Mandolesi, dell'Università di Torino. 
"La collezione Ippolito annovera vasellame di produzione greca e magnogreca, statuette in terracotta, bronzetti etruschi e nuragici, oltre a vari oggetti di epoca romana e tardo-antica. Alcuni reperti si sono rivelati imitazioni moderne alla cui individuazione hanno concorso elementi morfologici e stilistici, oltre al tentativo di antichizzare i materiali con vistose incrostazioni calcaree (coroplastica e vasi) e con patine monocromatiche (bronzetti). Sono falsificazioni i vasi ispirati alla produzione greca tardo-corinzia (fine VII-prima metà VI see. a.C.), imitata dalle officine etrusche, decorati con cicli animali reali e fantastici e parte del vasellame a figure nere (nel VI sec. a.C. la ceramica ateniese soppianta quella di Corinto grazie all’introduzione di questa nuova tecnica decorativa) con qualche eccezione, come, la lekythos a fondo bianco riconducibile alla bottega ateniese del Pittore della megera....La raccolta comprende vasi di produzione magno-greca a figure rosse (introdotta nel 530-525 a.C.), assegnabili a botteghe apule, e a vernice nera, databili tra il IV e il III sec. a.C. Fanno parte della collezione anche alcune ceramiche indigene, tra le quali un krateriskos daunio (della Puglia settentrionale), decorato a fasce arancio. Le forme più attestate sono quelle destinate a contenere, versare e bere vino e acqua (simposio). La decorazione figurata sul corpo dei vasi predilige temi mitologici, scene di palestra e teatrali oppure la rappresentazione della toeletta femminile con figure di eroti che reggono specchi, nastri o cassette per gioielli...; ricorrenti anche teste femminili o maschili di profilo. La collezione annovera, inoltre, due skyphoi e una oinochoe in stile di Gnathia (produzione apula), caratterizzati da una vernice nera opaca sovraddipinta con motivi vegetali in bianco, crema e paonazzo, databili nella seconda metà del IV sec. a.C. Il proliferare di forme destinate alle libagioni e la preferenza accordata a temi ispirati al simposio evidenziano l’importanza sociale nel mondo greco del consumo collettivo di vino durante il banchetto. La kylix a figure rosse della raccolta valdese attesta il diffondersi di un vasto repertorio di immagini che hanno come soggetto Dioniso, il dio che ha svelato i segreti della coltivazione della vite, e il suo corteggio. La coppa frammentaria, mostra all’interno della vasca una figura con bastone nella quale si vuol riconoscere Dioniso; all’esterno sono raffigurati personaggi maschili nudi (satiri?) e donne, forse le menadi facenti parte del seguito del dio.... Uno skyphos decorato con una civetta tra girali e rosette rivela la scarsa conoscenza dei temi e dei motivi decorativi da parte dei falsari. La civetta è presente nella produzione protolucana dell’officina del Pittore di Pisticci, databile tra il 390-380 a.C. Le figurine in terracotta e i bronzetti attestano la produzione degli ex voto realizzati in serie dalle officine dei santuari. Le terrecotte votive (copie) sono state realizzate a matrice e sovraddipinte. Sono riconducibili al III sec. a.C. l’esemplare femminile panneggiato e la figura di Artemide che regge una torcia, rappresentata nel ruolo di protettrice del matrimonio. 1 bronzetti a fusione piena, per lo più imitazioni ispirate all’artigianato etrusco e nuragico, riproducono devoti in atto di preghiera o di offerta, guerrieri, divinità con i loro attributi specifici, tra i quali il dio etrusco della guerra, Larari e la dea Menerva..." 

(Tratto dall'articolo della rivista "La Beidana" - anno 27°, n. 70, Febbraio 2011, pp.26-34,  "La sezione archeologica del Museo Valdese. Uno strumento didattico per la scoperta delle antiche civiltà del Mediterraneo. di Alessandro Mandolesi, Daniela Comand, Cristina Ghiringhello).

Nel museo è collocata oltre la collezione Ippolito anche la consistente collezione di africanistica, raccolta dai missionari valdesi tra Otto e Novecento. E dopo aver visitato ogni sala uscii entusiasta e felice della mia nuova scoperta.

Trascorrere del tempo tra queste valli, così verdi, così tranquille e raccolte significa anche dedicarsi del tempo per riflettere. Forse anche per questo motivo sono state il luogo adatto per accogliere una comunità religiosa. Io non sono valdese, ma visitare questi spazi mi ha fatto riflettere una volta di più su quanto sia importante l'uguaglianza e la libertà di potersi esprimere.
Vorrei aggiungere ancora una curiosità, tutta mia personale, scatenata come sempre dalla mia fantasia, sui legami con gli etruschi che mi piace ritrovare attraverso dei simboli che sembrerebbero lontani.
Torre Pellice diede i natali a  Paolo Paschetto (1885 - 1963) pittore, decoratore, incisore e illustratore italiano, che in occasione del 250° anniversario del giorno del rimpatrio valdese dipinse un affresco raffigurante una quercia con un paesaggio montuoso alle spalle, su cui è posizionato un libro aperto, allegoria della Chiesa valdese.  
Le fronde di quercia rimandano all'emblema della Repubblica Italiana che Paschetto realizzerà nel 1948.
Come per molte civiltà antiche anche per i Rasenna la Quercia era considerata un albero sacro, simbolo di forza e longevità. legato al concetto di immortalità. Trovo questa visione spiritualistica possa essere il filo conduttore che mi ha portata qui oggi facendomi sentire questa volta non solo un'Etruska fra le Alpi, ma soprattutto un'Etruska fra le Valli Valdesi.

Immagine tratta dal sito
 https://catalogo.beniculturali.it/detail/HistoricOrArtisticProperty/0100174013

Ringraziamenti:
Un doveroso ringraziamento a Samuele Tourn Boncoeur, Conservatore del Museo valdese per la disponibiltà e la professionalità nel fornirmi le informazioni che cercavo.


Questo viaggio è stata fonte di ispirazione, ecco il mio articolo pubblicato, in cui tratto delle persecuzioni valdesi in Valgioie:

Commenti

  1. Associazione impensabile... davvero interessante e originale. Complimenti

    RispondiElimina

Posta un commento

Post più popolari